Mercoledì 21 novembre alle ore 18 all’Upad di Bolzano ci sarà l’incontro conclusivo di una rassegna sui 100 dalla fine della Prima guerra mondiale. L’evento, organizzato da Upad insieme a Deina Alto Adige e Arci Bolzano con il sostegno del Comune di Bolzano, avrà come ospite speciale il prof. Mario Isnenghi, storico di fama internazionale, saggista e docente universitario.
100 anni fa terminava una delle pagine più buie della storia del Novecento. La Grande Guerra iniziata nel 1914, ma l’Italia vi entrò nel 1915, si concludeva con milioni di vittime ed una pesantissima eredità sociale, politica ed economica che avrebbe influenzato i successivi decenni.
Nonostante un secolo di distanza, ripercorrere le circostanze che hanno reso possibile il conflitto mondiale e le conseguenze dello stesso sulla società può essere essenziale per comprendere il presente. Relatore della serata sarà il prof. Mario Isnenghi, che è stato docente di Storia contemporanea e direttore del Dipartimento di Studi Storici alla Ca’ Foscari di Venezia oltre ad essere autore di numerosi saggi sulla Prima Guerra Mondiale (tra gli altri I vinti di Vittorio Veneto (con Paolo Pozzato), Oltre Caporetto. La memoria in cammino, (con Paolo Pozzato), e il più conosciuto Il mito della Grande Guerra).
Prof. Isnenghi, molto spesso l’importanza della storia viene sottovalutata dagli studenti durante il periodo scolastico. Perché è utile conoscere il nostro passato?
Non so se sia “utile”, ma deve riuscire interessante. Può darsi, anzi è probabile che sia oggi più difficoltoso contrastare il ‘presentismo’ e coinvolgere in una rivisitazione del passato: quale, intanto? Un passato non vale l’altro, la connessione va stabilita ogni volta, e o si dà o non si dà. Certo, se i primi a non dare peso alla storia e alla storiografia sono p.es. nelle scuole coloro che definiscono tempi e gerarchie o svolgono i programmi, è ingiusto poi prendersela con la sordità degli studenti.
L’ingresso dell’Italia nel conflitto è stato inevitabile? Ritiene che oggi dinamiche simili potrebbero riproporsi?
Combattere, non combattere, con chi, contro chi, per che cosa… Ci hanno pensato per 10 mesi, nessun popolo ha conosciuto un dibattito tanto prolungato e differenziato. Eppure i ‘no’ e i ‘si’, il senso e il non-senso si intrecciano e si bilanciano. Allora, nel 1914-18. Adesso ce la raccontiamo diversa, sembra che tutti la sentissero come una assurda e ‘inutile strage’. Sovrapponiamo il nostro oggi al loro , il W la pace al W la guerra ,che era una -una, e anch’essa molteplice – delle opzioni in campo. Toccherebbe alla storiografia ricercare come fu, cosa si pensava davvero. Ma naturalmente anche lo storico pone le domande e dà delle risposte senza poter districarsi del tutto dal suo presente. “Dinamiche simili”? La guerra non è mai scomparsa dall’orizzonte del possibile. Militare, economica, ideologica, fino alla crociata, ognuno la sua , beninteso, mussulmana o liberista , o quel che è. Quando la misura è colma, le legittimazioni si trovano.
A Bolzano il dibattito sui monumenti dedicati al conflitto, costruiti nel Ventennio fascista, è sempre acceso. Qualcuno vorrebbe addirittura eliminarli. Cosa ne pensa?
Questi strappi o si fanno subito o non si fanno più: leoni di s. Marco, fasci, busti, epigrafi, buttarli giù fa parte della lotta politica, è rivendicazione e didattica dell’immaginario, esprime rottura e cambio di paradigma. Ma questo si può e persino ‘si deve’ fare al momento giusto, a caldo, non a freddo, ‘durante’ e non dopo. Dopo ridiventano monumenti, belli o brutti che siano, comunque segni dei tempi, e vanno tutelati come tali , in una geografia della memoria che è sempre promiscua e mistilingue.
In che modo la Grande Guerra ha creato le circostanze per la nascita del Fascismo?
Tematiche troppo vaste, non ce la sbrighiamo così. La prima guerra mondiale ha un lascito drammatico e differenziato, non solo da territorio a territorio, ma all’interno di ogni popolo e paese e persino forza politica. Senza automatismi, senza esiti scontati né soluzioni obbligate, né di sinistra né di destra. Il primo dopoguerra è un drammatico e creativo crocevia di opzioni potenziali.
Per informazioni rivolgersi telefonicamente al n. 0471/921023 o info@upad.it .